Caro 2020, finalmente hai concluso il tuo mandato e hai lasciato posto ad altro. E finalmente lo dico per te, perché immagino che tu non ne potessi più di sentirti accusare, offendere ed insultare perché ti è toccato in sorte di essere l’anno del Covid. Come se tu e il Covid foste la stessa cosa.
Sai, a noi essere umani capita spesso di far coincidere quello che noi siamo con quello che facciamo, dimenticandoci così che noi siamo molto meglio di quello che facciamo, che, anche là dove le nostre azioni non sono degne di ammirazione, abbiamo in noi la possibilità di riscattarci e fare meglio. E meno male che siamo fatti così perché, se così non fosse, saremmo nei guai, condannati ad inseguire la perfezione, che non è di questo mondo, e terrorizzati dall’idea dei nostri errori che, in realtà, sono il terreno privilegiato per la strada che porta al miglioramento di noi stesi. Certo, la traccia di quello che facciamo (e a volte è proprio pesante) non viene cancellata così facilmente ed è solo responsabilità nostra attivarci per mettere in atto azioni che, in qualche modo, possano compensare quelle precedenti. Ma in noi c’è la possibilità di farlo e questa è la cosa importante! Il problema è che questa equivalenza (ciò che facciamo = ciò che siamo) siamo pronti ad applicarla, prima che a noi stessi, agli altri, cadendo in un effetto domino di giudizio che, sicuramente, non ci aiuta.
Ma ad un anno, no, devo dire che è la prima volta che mi capita di assistere a questo. Ora, caro 2020, devo dire che, esattamente un anno fa, io stessa, di ritorno dal mio viaggio di Capodanno, ho detto: “mi piace questo 2020… suona bene”. Perché mi sembrava quasi indicare una doppia vittoria (2 a 0) e a noi, proprio per il discorso che ho fatto prima, ci piace vincere perché ci fa credere vincenti. Ma quest’anno, sotto tanti aspetti, siamo usciti perdenti: molti di noi hanno perso la vita, molti gli affetti, molti gli abbracci, i baci, i sorrisi, le strette di mano, i viaggi, il lavoro, i caffè al bar, le pizze insieme, le serate al cinema e a teatro, gli allenamenti in palestra… e molto altro.
L’uomo del 2000 che si sentiva vincitore nella corsa verso il progresso ha subito una battuta di arresto a causa di un virus e si è sentito sconfitto. Tutto il mondo si è confrontato con la paura, emozione che cerchiamo di evitare ben bene altrimenti ci sentiamo dei caga sotto, ma è stato solo così che ha scoperto il proprio coraggio. Tutto il mondo è stato costretto a fermarsi, a chiudersi nelle proprie case ma è stato solo così che ciascuno di noi ha potuto sentire davvero la mancanza degli altri. Tutto il mondo è stato costretto ad indossare delle mascherine che coprono il viso e tengono visibili solo gli occhi ma questo ci ha obbligato a guardarci negli occhi, cosa che abbiamo disimparato a fare perché guardarsi negli occhi vuol dire mettersi a nudo all’altro ma, nello stesso tempo, incontrare davvero la sua anima. Tutto il mondo ha dovuto fare a meno dei caffè al bar, degli acquisti nei negozi, delle serate di svago ma questo, forse, ci ha insegnato a comprendere il valore dei soldi e di ciò che è davvero importante per noi.
E, infine, ciascuno di noi ha dovuto scontrarsi con un senso di solitudine quando abbiamo capito che per il pranzo di Natale e per il cenone di Capodanno avremmo potuto ritrovarci soli, ma solo così abbiamo potuto sperimentare un senso di intimità, prima di tutto con noi stessi, che è alla base di qualsiasi relazione umana. Quest’anno, per la prima volta, le commesse dei negozi si sono godute le domeniche e le giornate di festa. Certo, tutto questo non è avvenuto con serenità: le lacrime versate sono state tante, così come le preoccupazioni ed i timori, ma sono certa che ciascuno di noi, riguardando indietro a questo anno, può essere grato di qualcosa. Io sono grata del sonno recuperato, del tempo libero guadagnato, delle vacanze che ho potuto fare, delle persone che ho incontrato e del tempo speso con la mia famiglia. Sono grata di aver riscoperto la dimensione di casa, del silenzio, del desiderare, dei rapporti con i miei vicini e della vita e dei commercianti del mio paese che, in questo periodo, ho cercato di favorire. Ammetto che, senza questa pandemia, tutto ciò non credo che sarebbe successo. Quindi grazie 2020 per aver scelto di ospitare ciò… immagino che tu non abbia dovuto sgomitare con gli altri anni per ottenere questo primato. Forse questa pandemia era necessaria e era pronta già da un po’ ma quale anno si sarebbe preso la responsabilità di ospitarla? Non credo che a qualcuno piaccia essere ricordato come l’anno del Covid eppure qualcuno doveva farlo e tu hai deciso di proporti. Quando alle generazioni successivo racconterò di te, mio caro 2020, ti racconterò così come l’anno coraggioso che ha compreso che era necessario.
Tu non sei il Covid, sei solo l’anno che lo ha ospitato perché un processo di cambiamento potesse avvenire, un cambiamento basato sulla riscoperta di ciò che quest’anno ha reso possibile, nonostante tutto. E ora sta a noi, ora che, in coincidenza con la fine di quest’anno, il vaccino è qualcosa di tangibile, sta a noi non permettere che tutta la morte, la sofferenza e le lacrime versate non siano accadute invano… come? Non lo so, non c’è una ricetta… quello che so è che io vorrei continuare a vivere le ricchezze di quest’anno anche quando la famosa normalità tornerà. E io spero solo che sia una Normalità con la N maiuscola perché se torniamo alla solita normalità allora sì che avremo perso.
Ma questo lo scopriremo nel 2021… buon lavoro anno nuovo, non dimenticarti neanche tu del coraggio del tuo predecessore!