L’altro giorno, in un raro momento in cui sono tornata fisicamente a scuola, mi sono data il permesso ed il piacere di scambiare quattro chiacchiere con una collega… a distanza ed entrambe con le mascherine super protettive. Lei mi diceva che si sentiva come in una roulette russa: ogni giorno correva il rischio di contrarre il virus e sperava, giunta a sera, che questo non sarebbe successo.

La settimana dopo sono andata a lavorare in una residenza sanitaria per disabili e, una volta terminato il laboratorio di teatro, sono passata davanti ad un gruppo di ragazzi ed operatori che, attraverso un tablet, festeggiavano il compleanno di un’amica… e mi sono detta: “due facce della stessa medaglia”.

Questo periodo ci porta, da una parte, a vivere la sensazione di un pericolo di morte continuo e costante dal quale possiamo proteggerci, forse, solo stando a casa e rinunciando a molto ma, dall’altra, questo pericolo di morte non è e non può essere più forte dell’amore per la vita  insito dentro di noi e che ci porta a non rinunciare… a festeggiare i compleanni anche se filtrati da un tablet, ad andare a camminare anche se solo da un confine all’altro del nostro comune, ad incontrare l’altro anche senza abbracciarci, anche senza toccarci, anche stando lontani, a berci un caffè anche se sulla panchina al freddo fuori dal bar, a mangiarci una pizza anche se d’asporto e non comodamente seduti in pizzeria perché questo è anche  un modo per sostenere e far sentire la propria presenza ed il proprio contributo a chi, in questo momento, è più in difficoltà di noi.

Ora, non sta a me dire se sia più giusto cavalcare l’onda della roulette russa o quella della festa di compleanno, non credo ci sia una risposta giusta e credo che sia altrettanto giusto che ognuno faccia ciò che sente più giusto, nel rispetto del bene proprio e comune. Però è innegabile che la sensazione di roulette russa mi porta a pensare che, se mi fermo, se non faccio nulla, sono al sicuro ma è altrettanto innegabile che è proprio stando fermo, chiuso nella mia paura che si crea un circolo vizioso che alimenta la paura stessa.

La sensazione di roulette russa ci porta dritti dritti all’idea che si possa morire da un momento all’altro mentre la sensazione di festa di compleanno ci porta dritti dritti all’idea che ci sia ancora vita da festeggiare.

Io, personalmente, scelgo la festa di compleanno, un po’ perché mi è sempre piaciuto festeggiare il mio compleanno ed un po’ perché credo che è solo tenendosi stretta la vita che possiamo affrontare la paura della morte.

Dalla morte fisica non mi salva nessuno ma dalla paura di morire mi posso salvare io. “C’è un tempo per vivere ed un tempo per morire” dice il libro de Qoelet, per me questo è il tempo di vivere!